Sadegh Hedayat (1903-1951)

Sadegh Hedayat scrittore, romanziere e traduttore iraniano, è nato a Tehran in una famiglia aristocratica, e viene annoverato tra i padri della letteratura persiana moderna. Sadegh frenquetò la scuola di Dar al-Funun, e intorno al 1916 egli fu diagnosticato ad un’infezione agli occhi interrompendo la sua educazione per circa un anno. In seguito terminò nel 1925 il suo liceo presso un prestigioso Scuola di francese situata a Tehran, dove insegnò anche il persiano a un sacerdote francese e conobbe la lingua francese, letteratura mondiale (principalmente francese) e metafisica che fondano le basi per i suoi successivi orientamenti modernisti e la creazione di molte delle sue atmosfere opache e misteriose dei racconti e personaggi. Subito dopo l’ascesa al potere di Reza Shah Pahlavi, Sadeq, insieme a un certo numero di altri Studenti iraniani, è stato mandato a studiare in Europa in 1926. Questo fu l’inizio della sua esposizione diretta a diverse città, popoli e culture. Lui rimase per qualche tempo in Belgio e poi si trasferì in Francia, dove ha anche tentato il suicidio in un fiume nel 1928, ma fu salvato; presto ha abbandonato i suoi studi in architettura e si dedicò a scrivere. Nel 1930, Hedayat tornò a Tehran e iniziò a lavorare in Bank e-Melli che all’epoca era la banca centrale dell’Iran. durante il suo soggiorno in India, ha studiato la lingua pahlavi e ha tradotto la biografia di Ardeshir Babakan dal pahlavi in ​​persiano. Nel 1932 si recò a Isfahan e pubblicò il suo diario di viaggio Isfahan, Nesf-e-Jahan (Isfahan, metà del mondo), e l’importante raccolta di racconti Seh Ghatreh Khoon (Tre gocce di sangue).

“La civetta cieca” è riconosciuta come un capolavoro di Sadeq Hedayat.
Il romanzo viene pubblicato inizialmente in trenta copie, manoscritti dell’autore stesso, che poi sarebbe diventato il capolavoro del Novecento della letteratura persiana. Successivamente viene pubblicato in Iran solo nel 1941 creando uno scandalo nella società persiana. La civetta cieca è un’opera in cui suggestioni simboliste ed echi kafkiani si mescolano all’esistenzialismo francese, alla cultura indiana e alla magia della grande tradizione letteraria persiana. Fra realtà e allucinazioni indotte dall’oppio, un miniaturista di portapenne racconta la sua tragica storia, il suo tormento, il suo desiderio di oblio. Hedayat avvolge il lettore in un vero e proprio stato di ipnosi.

«Nella vita ci sono malanni che come lebbra, nella solitudine, lentamente mordono l’anima fino a scarnificarla.
Non è possibile parlare con altri di queste sofferenze: in genere, è costume considerare questi malanni come poco credibili, eventi singoli e rari. […] L’unica terapia è l’oblio dato dal vino, o la sonnolenza provocata dall’oppio e droghe simili: purtroppo, però, essi procurano effetti solo temporanei, e la pena, anziché scomparire, dopo qualche tempo si palesa ancor più inesorabile».

Sadegh Hedayat si suicidò a Parigi il 10 aprile 1961, all’età di 48 anni, e fu sepolto pochi giorni dopo nel cimitero Per-Lachez di Parigi.

Samad Behrangi 1939 – 1968

Samad Behrangi è nato nel distretto di Cherendab di Tabriz, provincia dell’Azerbaigian. Ha ricevuto la sua prima educazione a Tabriz e si è diplomato al liceo nel 1957 e nello stesso anno ha iniziato a insegnare nelle scuole del villaggio nel distretto di Azar Shahr, a circa 50 chilometri a sud-ovest di Tabriz per undici anni.

Samad era affascinato dai racconti popolari azeri e il suo primo libro, pubblicato nel 1965, era una raccolta di diverse storie del genere che aveva tradotto in persiano. Quel lavoro lo ha portato all’attenzione dei circoli letterari di Tehran. La successiva pubblicazione di un saggio sui problemi educativi, diverse storie originali per bambini che trattano realisticamente questioni sociali e un secondo volume di racconti popolari azeri ha stabilito la sua reputazione di astro nascente tra una nuova generazione di scrittori.

Behrangi aveva solo ventinove anni quando annegò in un incidente di nuoto nel fiume Aras nel settembre 1968. Si crede comunemente che dietro questo incidente ci fosse, il servizio di sicurezza di Shah. All’epoca, le sue storie per bambini erano più famose, tra cui “Ma’hi-e Sia’he Kochoulou” (Il pesciolino nero), le sue opere più famose, erano alla stampa e furono pubblicati postumi. Più tardi nel 1969, “24 Sa’at Dar Khab Va Bidary” (24 Restless Hours) e “Yek Hulou, Yek Hezar Hulou” (One Peach, A Thousand Peaches), furono pubblicati.

Behrangi aveva un approccio critico verso i contenuti della metodologia di monitoraggio dei libri di testo e del curriculum sponsorizzati dallo stato. Credeva che l’intero sistema educativo fosse obsoleto e estraneo ai bambini iraniani e in particolare ai bambini delle campagne.

La popolarità di Behrangi continuò anche dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Le sue singole storie, spesso illustrate da noti artisti, sono apparse regolarmente negli anni ’80 e ’90. Anche le storie e i racconti popolari di Behrangi furono tradotti in azero.

“In questo momento la morte può prendermi facilmente, ma devo vivere finché posso, non devo andare verso la morte. Però, se un giorno per forza dovrò incontrarla – come la incontrerò, non mi importa quando –, ciò che conta è l’effetto che la mia vita e la mia morte possono avere sulla vita degli altri…”(Pesciolino Nero)

Sara Salar

Sara Salar, la scrittrice iraniana, è nata nel 1966 a Zahedan, e attualmente vive a Tehran, scrive dei romanzi. Oltre alla nobile mansione di scrivere, Sara si dedica alla traduzione tramite cui si è resa conto che non poteva smettere di scrivere, e scrivere è davvero una parte del suo essere e non si sentirà bene a perdere questa parte con qualsiasi altro lavoro.

Dopo aver terminato la scuola e l’università, Sara Salar ha sposato Soroush Sehat, noto scrittore, attore e regista iraniano. Durante questo periodo, Sara ha deciso di iscriversi a corsi di narrazione per poter tradurre ed esprimere le sue preoccupazioni;

“Durante il processo di traduzione, sono giunta alla conclusione che non ero soddisfatta. È stato un lavoro molto duro e gradualmente ho capito che tradurre le storie di altre persone non era il mio lavoro, perché avevo delle cose da dire e volevo scriverle io in persona con la penna”.

“Probabilmente mi sono persa” è il titolo del primo libro di Sara Salar, che è stato premiato in Iran: “Molte persone pensano che la storia di Probabilmente mi sono persa sia la mia vita personale, perché ero il narratore della mia stessa storia, ma non è così – disse Sara -, la mia storia non è affatto reale, non è nemmeno successo a quelli intorno me. Volevo trasformare i miei racconti mentali in una storia, ma quando inizio a scrivere, non posso assolutamente allontanarmi da me stesso e dalle persone intorno a me e dalle loro esperienze e non provarle. A volte questi esempi possono essere un miscuglio di più caratteri.

“Penso che sorpresa! Dopo molto tempo, mi sono liberata dalle catene di spiegare a qualcuno… È divertente, mi sono liberata dalle catene di spiegare alla signora Batool, mi sono salvata, io… sento che si adatta perfettamente … se non dovessi andare dietro a Samiar, sarei rimasta qui tutto il giorno… Prendo la mia toeletta. Le mie palpebre sono più livide di quanto possano essere facilmente nascoste dal trucco. Mi trucco velocemente… mi metto cappotto e pantaloni e mi metto la sciarpa… prendo velocemente borsa, cellulare, occhiali e bottiglietta d’acqua e busso alla porta… rimango qualche istante davanti alle scale e poi corro giù per le scale, tutti questi dieci piani… È proprio accanto al muro mi siedo e respiro…”

Simin Behbahani (1927 – 2014)

Simin, poetessa e scrittrice iraniana, è nata il 20 giugno 1927 a Tehran, da genitori letterati. Suo padre, Abbas Khalili, scrittore ed editore di giornali, sua madre, Fakhr Ozma Arghoon era una nota insegnante, scrittrice, editrice di giornali e poetessa di grande talento. Simin prese il soprannome di “la leonessa dell’Iran” esprimendo la sua ferma opposizione all’oppressione e alla violenza in più di 600 poesie.

Prima della sua nascita, il padre Khalili, editore e scrittore, è stato temporaneamente esiliato per opere percepite come minacciose per il governo.

I suoi genitori si sono riuniti due anni dopo, ma alla fine hanno divorziato e Simin è rimasta con sua madre, una poetessa che l’ha incoraggiata a scrivere.

Ha pubblicato la sua prima poesia all’età di 14 anni. Simin si è formata brevemente come ostetrica ma è stata espulsa dal programma dopo essere stata falsamente accusata di aver scritto un articolo di giornale che criticava la scuola. Il suo licenziamento era probabilmente dovuto alla sua associazione con il partito comunista Tudeh, Simin si sposò poco dopo e assunse il cognome del marito, Behbahani. Mentre cresceva una famiglia, Behbahani ha studiato legge all’Università di Tehran. Dopo il divorzio dal primo marito, si è risposata (1969) e ha conseguito la laurea in giurisprudenza. Tuttavia, invece di intraprendere una carriera legale, ha trovato lavoro come educatrice, insegnando alle superiori per quasi 30 anni.

Simin Behbahani ha usato lo stile “Char Pareh” di Nima, un rinomato poeta della storia persiana, e successivamente, si rivolge a “Qazal”, uno stile poetico a flusso libero e simile al “Sonetto” occidentale. Ha contribuito a uno sviluppo storico sotto forma di ” Qazal”, aggiungendo soggetti teatrali, eventi quotidiani e conversazioni in questo stile di poesia. Simin Behbahani ha ampliato la gamma di versi tradizionali persiani e ha prodotto alcune delle opere più significative della letteratura persiana del ventesimo secolo.

È stata nominata per il Premio Nobel per la letteratura nel 1997, le è stata anche assegnata una borsa di studio Human Rights Watch-Hellman / Hammet nel 1998 e, analogamente, nel 1999, la medaglia Carl von Ossietzky, per la sua lotta per la libertà di espressione in Iran.

Behbahani ha scritto in modo prolifico per tutta la sua vita. La sua prima raccolta di versi, Setar-e shekasteh (“The Broken Sitar”), è stata pubblicata nel 1951. Era nota per aver riproposto forme poetiche persiane classiche per esplorare temi contemporanei, spesso invertendo la struttura Qazal tradizionale usando un narratore femminile. Ciò è stato di particolare rilievo, poiché ha iniziato a sperimentare con quelle forme proprio mentre i versi bianchi stavano diventando popolari tra i poeti iraniani e le forme più classiche erano in declino. A partire dal 1962, scrisse anche testi per la stazione radio nazionale. Dopo che la Rivoluzione iraniana (1979) ha instaurato un regime islamico, ha dato sempre più voce alla sua avversione per le violazioni dei diritti umani attraverso la sua poesia e la prosa. Da ricordare che le questioni politiche e culturali affrontate da Simin Behbahani non hanno mai allontanato la poetessa dal proprio paese.

La notte ed il pane 

Il sole si nasconde sotto un velo tenebroso.

Il cielo diventa buio, triste, nuvoloso;

ancora la rabbia del cielo astioso,

ancora la pioggia e il lavoro lasciato in sospeso.

Le prime gocce della pioggia della delusione

cadono sul volto coperto dalla polvere.

Il triste sguardo verso il cielo.

Il doloroso sospiro sale dal petto.

Stanco, triste e deluso

lascia l’attrezzo del lavoro a terra,

si rifugia sotto un muro,

si lava le mani dal misero lavoro.

La sera, intimorite, le sue secche dita

bussano piano piano alla porta:

un’altra volta, occhi speranzosi dei bambini;

un’altra volta, le mani vuote del padre senza il pane!

Zoorkhaneh

Zoorkhaneh è un tipo di palestra persiana in cui gli atleti si sottopongono a un rigoroso addestramento. Il termine Zoorkhaneh si riferisce al luogo di pratica, che in italiano significa “Casa del potere”. Il rituale viene gestito da un musicista che canta poesie tenendo il tempo su un tamburo e suonando le campane per segnare l’inizio delle diverse sezioni e azioni e i partecipanti affrontano una lunga sequenza di esercizi guidati dal musicista, ossia la guida della palestra in persiano conosciuto come “Morshed”. La pratica di Zoorkhaneh racchiude tutti i fattori concorrenti per la buona salute (abilità muscolare, resistenza respiratoria e cardiaca, flessibilità, composizione corporea) e abilità fisiche (velocità, alacrità, forza, velocità di azione, equilibrio e coordinazione).

Polo

I nomadi dell’Asia centrale giocavano una versione del polo che era in parte uno sport e in parte una sorta di allenamento per la guerra, con ben 100 uomini per ogni parte. Il gioco seguì la migrazione dei nomadi in Persia (l’Iran moderno) tra il 600 a.C. e 100 d.C. In Persia, il polo divenne uno sport nazionale, giocato dalla nobiltà e dai militari. Il gioco è stato formalizzato e diffuso a ovest fino a Costantinopoli, a est in Tibet, Cina e Giappone e a sud in India.

I giochi locali

I giochi generalmente hanno un peso culturale. I giochi indigeni, tribali, locali e tradizionali iraniani, oltre al carico culturale, hanno anche un’elevata attrattiva e varietà. A causa della vastità climatica, etnica e tribale in Iran, tutti i tipi di giochi sono stati progettati per scopi specifici e sono stati comuni tra le persone. Esistono oltre 150 tipi di giochi tradizionali in Iran e, nel corso del tempo e del cambiamento degli stili di vita, la generazione di oggi è estranea a molti di essi. Questi giochi sono divisi in due gruppi; a casa e fuori casa, questi giochi, a loro volta hanno permesso alle persone di sfruttare al meglio il proprio tempo in qualsiasi luogo e situazione. Alcuni giochi sono stati socialmente, culturalmente comuni nella maggior parte dell’Iran.

Scultura in pietra di Razavi Khorasan

Scultura in pietra, noto anche come incisione su pietra, è l’arte di realizzare oggetti il ​​cui materiale principale è la pietra. L’intaglio della pietra iniziò diversi secoli a.C. in Iran, quando gli strumenti per la caccia agli animali e gli utensili per la vita quotidiana erano fatti di pietra, e gradualmente avanzarono fino a raggiungere il suo apice.

Da settemila anni fa fino ad oggi, tipi di pietra come la mica sono stati usati per realizzare utensili da cucina come pentole e così via. La pietra di mica contenente alti livelli di componenti in ferro è molto morbida e facilmente tagliabile nelle forme desiderate. Un’altra caratteristica della pietra di mica è che più viene riscaldata, più diventa forte e durevole. Con l’arte dell’intaglio della pietra, è possibile realizzare tipi di utensili, supporti per lampade, cornici per foto, pezzi degli scacchi, vasi, supporti per zollette di zucchero e altri oggetti applicabili e decorativi. Importanti centri di scultura in pietra dell’Iran sono Mashhad, Shahr-e Rey, Qom e Kerman.

Arte del vetro di Tehran

Shishegari

L’industria del vetro artigianale ha una lunga storia in Iran in quanto i ricercatori fanno risalire l’antichità di questa produzione artistica a 2000 anni a.C., infatti i materiali scoperti dalla Ziggurat di Choghazanbil a Susa, Lorestan, Persepoli e altre regioni dell’Iran hanno evidenziato la loro affermazione.

I diversi metodi di produzione del vetro sono: soffiatura, stampaggio, laminazione e filatura. Per produrre inizialmente il vetro con la tecnica della soffiatura, le materie prime vengono versate nel forno per essere fuse, una volta completamente fuse, l’operaio immerge un cannello chiamato Dam nel vetro fuso mentre lo ruota avvolgendolo a un’estremità del cannello, si ottiene una piccola bolla chiamata allora “la prima palla”. Nella fase successiva, un’altra porzione viene prelevata dal forno avvolgendola attorno alla prima pallina e l’operaio crea la forma desiderata formando la pallina con degli strumenti adatti tra cui anche le forbici per tagliare le file del vetro fuso.  Esiste quindi una serra all’interno delle vetrerie con temperatura di 45-55° C dove gli oggetti si raffreddano gradualmente al variare della temperatura nell’atmosfera della stanza.

Per quanto riguarda l’oggettistica in vetro soffiato la varietà è immensa e spazia dagli oggetti di design a quelli più decorativi come bicchieri in vetro soffiato, lampadari, vasi, specchi, finestre, portacandele, anfore e caraffe.

Asciugamani e le stoffe di Birjand

Hole Bafi di Birjand

Hole Bafi è l’artigianato dominante del villaggio Khorasad uno dei comuni di Birjand nella provincia di Khorasan meridionale. Khorasad è stato il primo villaggio dell’Iran ad essere registrato come il centro del celebre artigianato di stoffe e asciugamani. Infatti, a causa della morbidezza e delicatezza dei tessuti e della loro elevata capacità di assorbimento dell’umidità, questo materiale e questo mestiere sono conosciuti in tutto il territorio iraniano. Il materiale principale di questa stoffa è per lo più il filato di cotone che viene utilizzato come trama inserita tra le line dell’ordito. Oltre al cotone sono incorporati in questo bellissimo e prezioso tessuto anche la seta e la lana.

Hole Bafi è realizzato utilizzando l’antica tipologia della tessitura utilizzando la tradizionale macchina tessile che definisce la caratteristica più importante e notevole di questo artigianato. In pratica tutte le fasi del processo sono eseguite dalle mani e dai piedi dei produttori seduti dietro la macchina che gestiscono la procedura con i loro movimenti sincronizzati tra le mosse fatte dai piedi e quelle dalle mani. Per quanto riguarda i colori degli asciugamani, si applica la tintura tradizionale e i pigmenti a base di erbe che vengono utilizzati per tingere i diversi filati: buccia di melograno, buccia di noce, buccia di cipolla, “Golrang” o cartamo, arancia, pistilli di zafferano. Altri prodotti simile della zona posso essere: tovaglie, vestiti e sciarpe. Va ricordato che Hole Bafi risale a più di trecento anni fa, ed è stato ripreso nel 2004 da un gruppo di donne di Khorasad che hanno rianimato questa cultura tramanda dalle loro generazioni precedenti.