Abbas Kiarostami: un cineasta di culto
Ci sono artisti che per tutta la vita realizzano infinite variazioni di un’unica opera, e altri che scelgono di non ripetersi mai. Kiarostami procede zigzagando e senza una meta preordinata, lungo un percorso di ricerca – peraltro esigente e rigoroso – che lo conduce a rimettere continuamente in discussione il proprio lavoro e i risultati acquisiti, pur restando fedele al proprio universo e a un’estetica dello sguardo che è nello stesso tempo un’etica della messa in scena. Kiarostami è anche e soprattutto un artista totale. Come le grandi figure di artisti rinascimentali è un autore capace di esprimersi attraverso i mezzi e linguaggi diversi, restando ogni volta fedele a sé stesso e alle sue tematiche privilegiate: il cinema naturalmente, ma anche la fotografia, il video, la poesia, il teatro. (Alberto Barbera)
Abbas Kiarostami (1940 – 2016) nasce a Tehran la capitale dell’Iran. Da giovane si scrive in un corso di pittura presso l’Accademia delle Belle Arti della capitale iraniana. Nel 1969 raggruppò dei giovani cineasti creando un dipartimento cinematografico a Kanune Parvareshi va Fekri Kudakan, che diventerà un punto di riferimento per la nuova cinematografia iraniana. Ottiene il primo importante riconoscimento con il Pardo di bronzo a Locarno nel 1987 con “Khaneh-ye doost kojast?”. Nel 1995 fa parte della giuria di Venezia e nel 1997 vince ex-aequo la Palma d’oro a Cannes con
“Il sapore della ciliegia”. Nel 2002 scrive e dirige la pellicola “Dieci”, presentata in concorso al Festival di Cannes che racconta dieci scene della vita sentimentale e affettiva di sei donne.
Due o tre cose che so di me
Di Abbas Kiarostami
L’importante è come si inquadra. Qualsiasi cosa. Quando scatto una fotografia, mi chiedo se la stamperò o meno. Di solito esito. Poi finisco per farlo in ogni modo. nel momento in cui si seleziona qualcosa, gli si conferisce un valore addizionale che lo distingue da qualsiasi altra cosa. Non c’è nessuna ragione particolare per la quale io mi trovi a essere regista cinematografico. Mio padre era un imbianchino e non mi ricordo di alcuna traccia di vita culturale nella mia famiglia. Non vedo alcun segno particolare nel mio ambiente che avrebbe potuto spingermi verso la carriera artistica e specialmente verso il cinema. Non approvo che si sottovaluti o si ecciti lo spettatore. Non voglio stimolare la coscienza o creargli sensi di colpa. Il cinema ha il dovere di raccontare le storie, mi sembra che il romanzo lo faccia meglio. Da qualche tempo sto pensando a un altro cinema che mi renda più esigente e si definisca come settima arte. In questo cinema c’è musica, sogno, storia, poesia.
poesia di Kiarostami:
Un capolavoro
sul mio diario
a notte fonda,
al sorgere dell’alba
è solo una sciocchezza.
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