Parvin Etesami (1907 – 1941)

Parvin Etesami, nata a Tabriz, è stata una poetessa iraniana del XX secolo. Parvin da piccola imparò il persiano, l’inglese e l’arabo da suo padre, e da quell’età iniziò a comporre poesie sotto la supervisione di suo padre e di maestri di grande talento come Dehkhoda e Bahar.

La letteratura persiana e araba la stupiva sempre e lei con il suo ricco garbo all’età di otto anni, iniziò a scrivere poesie, e soprattutto componendo dei pezzi strutturati e delicati che suo padre traduceva da libri stranieri (francese-turco e arabo), così sperimentava naturalmente il suo talento letterario sviluppando uno stile particolare e multilinguistico.

Nelle sue poesie, Parvin segue lo stile dei pionieri, in particolare Nasser Khosrow, e le sue poesie includono principalmente temi morali e mistici. Parvin esprime saggezza e questioni morali in un linguaggio così semplice ed eloquente che impressiona il lettore di ogni classe.

La poesia di Parvin, dal punto di vista dell’espressione di concetti e significati, è più in forma di “dibattito” e di “domanda e risposta”. Ci sono più di settanta esempi di dibattiti nel suo Divan – raccolta di poesie -, che l’ha resa prominente tra i poeti persiani in questo senso. Nel potere delle parole e nella padronanza delle industrie e dei riti della parola, lei è stata alla pari con oratori famosi, e nel frattempo presta particolare attenzione al dibattito e fa rivivere questo metodo, che era il metodo dei poeti del nord dell’Iran.

La vita di Parvin è stata accompagnata da diversi momenti socio-politici come la Rivoluzione Costituzionale, la caduta della dinastia Qajar, l’incronizzazione di Reza Shah e la prima guerra mondiale, tutto ciò ha reso Parvin consapevole delle questioni del suo tempo che creano uno sfondo sociale nelle sue poesie composte. A causa della mancanza di giornali e altri mass media in quel momento, l’unico modo per familiarizzare con le questioni politiche era il dialogo con suo padre. La poesia di Parvin include temi come l’oppressione, la lotta alla povertà, la giustizia e l’idealismo. Questo è il motivo per cui alcuni hanno considerato Parvin uno degli architetti della storia e del pensiero politico iraniano.

La lacrima dell’orfano

“Da ogni strada e da ogni tetto si levavano grida di gioia;

Quel giorno il re stava passando per la città

In mezzo a tutto questo, un ragazzo orfano esprime i suoi dubbi,

Cos’è quella scintilla che si trova in cima alla sua corona?

Qualcuno ha risposto: non sta a noi saperlo,

Ma è una cosa impagabile, è chiaro!

Una saggia anzina con il gobbbo si avvicinò e disse:

“quello è il sangue del tuo cuore e la lacrima del mio occhio!

Ci ha ingannati con i panni del pastore,

ma questo lupo da anni conosce il gregge,

Sulle lacrime dell’orfano, fissa il tuo sguardo.

coaì vedi da dove proviene il bagliore della gemma”.

Simin Behbahani (1927 – 2014)

Simin, poetessa e scrittrice iraniana, è nata il 20 giugno 1927 a Tehran, da genitori letterati. Suo padre, Abbas Khalili, scrittore ed editore di giornali, sua madre, Fakhr Ozma Arghoon era una nota insegnante, scrittrice, editrice di giornali e poetessa di grande talento. Simin prese il soprannome di “la leonessa dell’Iran” esprimendo la sua ferma opposizione all’oppressione e alla violenza in più di 600 poesie.

Prima della sua nascita, il padre Khalili, editore e scrittore, è stato temporaneamente esiliato per opere percepite come minacciose per il governo.

I suoi genitori si sono riuniti due anni dopo, ma alla fine hanno divorziato e Simin è rimasta con sua madre, una poetessa che l’ha incoraggiata a scrivere.

Ha pubblicato la sua prima poesia all’età di 14 anni. Simin si è formata brevemente come ostetrica ma è stata espulsa dal programma dopo essere stata falsamente accusata di aver scritto un articolo di giornale che criticava la scuola. Il suo licenziamento era probabilmente dovuto alla sua associazione con il partito comunista Tudeh, Simin si sposò poco dopo e assunse il cognome del marito, Behbahani. Mentre cresceva una famiglia, Behbahani ha studiato legge all’Università di Tehran. Dopo il divorzio dal primo marito, si è risposata (1969) e ha conseguito la laurea in giurisprudenza. Tuttavia, invece di intraprendere una carriera legale, ha trovato lavoro come educatrice, insegnando alle superiori per quasi 30 anni.

Simin Behbahani ha usato lo stile “Char Pareh” di Nima, un rinomato poeta della storia persiana, e successivamente, si rivolge a “Qazal”, uno stile poetico a flusso libero e simile al “Sonetto” occidentale. Ha contribuito a uno sviluppo storico sotto forma di ” Qazal”, aggiungendo soggetti teatrali, eventi quotidiani e conversazioni in questo stile di poesia. Simin Behbahani ha ampliato la gamma di versi tradizionali persiani e ha prodotto alcune delle opere più significative della letteratura persiana del ventesimo secolo.

È stata nominata per il Premio Nobel per la letteratura nel 1997, le è stata anche assegnata una borsa di studio Human Rights Watch-Hellman / Hammet nel 1998 e, analogamente, nel 1999, la medaglia Carl von Ossietzky, per la sua lotta per la libertà di espressione in Iran.

Behbahani ha scritto in modo prolifico per tutta la sua vita. La sua prima raccolta di versi, Setar-e shekasteh (“The Broken Sitar”), è stata pubblicata nel 1951. Era nota per aver riproposto forme poetiche persiane classiche per esplorare temi contemporanei, spesso invertendo la struttura Qazal tradizionale usando un narratore femminile. Ciò è stato di particolare rilievo, poiché ha iniziato a sperimentare con quelle forme proprio mentre i versi bianchi stavano diventando popolari tra i poeti iraniani e le forme più classiche erano in declino. A partire dal 1962, scrisse anche testi per la stazione radio nazionale. Dopo che la Rivoluzione iraniana (1979) ha instaurato un regime islamico, ha dato sempre più voce alla sua avversione per le violazioni dei diritti umani attraverso la sua poesia e la prosa. Da ricordare che le questioni politiche e culturali affrontate da Simin Behbahani non hanno mai allontanato la poetessa dal proprio paese.

La notte ed il pane 

Il sole si nasconde sotto un velo tenebroso.

Il cielo diventa buio, triste, nuvoloso;

ancora la rabbia del cielo astioso,

ancora la pioggia e il lavoro lasciato in sospeso.

Le prime gocce della pioggia della delusione

cadono sul volto coperto dalla polvere.

Il triste sguardo verso il cielo.

Il doloroso sospiro sale dal petto.

Stanco, triste e deluso

lascia l’attrezzo del lavoro a terra,

si rifugia sotto un muro,

si lava le mani dal misero lavoro.

La sera, intimorite, le sue secche dita

bussano piano piano alla porta:

un’altra volta, occhi speranzosi dei bambini;

un’altra volta, le mani vuote del padre senza il pane!